Il perché del
titolo:
Nell’abbozzo
preparatorio (in cui il titolo previsto era La
semplice vita di Gervaise Macquart) Zola sottolinea la ‘semplicità’ poco
romanzesca dell’opera. Ma già al momento della pubblicazione a puntate, nel
1876, compare il titolo definitivo, molto più a effetto: assommoir (termine intraducibile: in italiano si direbbe, alla
lettera, «scannatoio», o «ammazzatoio») è infatti una parola del'argot (leggi argò, gergo) popolare parigino
che indica le distillerie di infimo grado, nelle quali si produceva e
distribuiva l’acquavite a basso costo (dove ‘ci si ammazza’ a forza di bere,
insomma); con la maiuscola, si riferisce a un locale preciso, una bettola
situata al centro del quartiere operaio di Belleville. Si tratta dunque di un
titolo denso di implicazioni: annuncia la scelta linguistica fondamentale del
romanzo (l’uso dell’argot parigino),
dichiara quale sarà il centro simbolico dello spazio romanzesco (la bettola
gestita da 'papà' Colombe il cui nome è
ironico poiché la colomba porta la pace mentre quest'ultimo rende la gente
violenta e sparge la disgrazia nella classe operaia. In mezzo al caffè di
Colombe, troneggia l'alambicco famoso, una macchina infernale che Zola
trasforma lungo il romanzo, in un mostro, un tornado nel
quale tutti finiscono per affogare), anticipa il tema centrale (la
degenerazione e la violenza connesse all'abuso di alcool).
L'assommoir del Perè Colombe |
Un capolavoro
criticato:
Pubblicato a
puntate nel 1876 e in volume nel 1877, l’Assommoir
è uno dei più grandi successi del secondo Ottocento, anche se lo straordinario
favore da parte del pubblico è accompagnato da critiche feroci, e di segno
opposto: i benpensanti borghesi contestano le scene di degrado fisico e morale
(accusando Zola di pornografia e di oltraggio al pudore), gli intellettuali di
sinistra vi leggono un insulto nei confronti del popolo, e persino Victor Hugo
lo definì un «romanzo brutto», perché «mostra compiaciuto le orride piaghe
della miseria». Quale routine, d’altronde, quale conformismo era in grado di
sopportare lo spettacolo di quel linguaggio triviale e la vista di quei
personaggi volgari? E come disprezzare i pregiudizi così radicalmente da
ammettere questi dettagli crudi, questi costumi degradati, questo interesse
sincero per una classe sociale in servitù? La
vigorosa verità del romanzo, la sua intensa poesia venivano ad essere
cancellate, eccetto che agli occhi di alcuni chiaroveggenti: Huysmas, Mallarmè
e Bourget.
Nota
dell’autore sull’Assommoir:
Parigi 1 Gennaio 1877.
Zola da
romanziere a ‘’pittore’’:
Critico letterario e artistico,
Zola difende l’arte contemporanea e la pittura anticonformista dei seguaci
dell’impressionismo. Gli scorci di Parigi e i paesaggi che descrive
con accuratezza nei romanzi sono gli stessi dipinti dagli amici pittori. Emile
Zola, amico di gioventù di Cézanne, manifesta molto presto una grande
attenzione per la pittura. Si interessa soprattutto agli artisti che la critica
ufficiale disapprova. Nel 1866, scrive un articolo in favore di Manet e
lo difende di nuovo l'anno seguente in occasione di una sua mostra personale organizzata
a margine dell'Esposizione Universale. Come forma di ringraziamento, Manet
propone all'autore di fare il suo ritratto.
Edouard Manet (1832-1883), Emile Zola, 1868, olio su tela, cm 146.5x114 |
Scrive Henri
Mitterand:
…”Sono i suoi amici Chaillan,
Cezannè, Bazille, Manet, Pissarro, Renoir, Fantin-Latour che gli hanno
insegnato a vedere la vita moderna e a vederla con l’occhio del pittore, abile
a cogliere il gioco delle forme, dei colori, degli istanti e delle
illuminazioni. Il modo di procedere di Zola, che parte come i suoi amici alla
ricerca del motivo, che traccia alcuni schizzi su un taccuino da cui nascerà
dopo sistemazioni e ricomposizioni la pagina definitiva, è esattamente quello
dei pittori en plein air”.
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